Baia dei pirati

Area di ruolata

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    Questa zona è il centro operativo delle due flotte pirata comandate dal sovrano dell'isola: è un vero e proprio insediamento su un insenatura naturale dell'isola.

    La zona è perennemente sorvegliata sia via mare che via terra e si dice che qui il sovrano tenga i suoi tesori.
     
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    Thomas era giunto nel Paese dei Fiori nel suo viaggio per scoprire le varie location di cui aveva letto nei libri sui pirati.
    Su quell'isola si erano confrontate due enormi flotte: il Naviglio dei due Tesori e il Naviglio degli otto tesori.
    Lo scontro e i toni erano sempre stati cruenti, ognuna voleva primeggiare sull'altra e non vi era limite al livello di nefandezze che le due ciurme potevano compiere per portare a termine i loro obiettivi.
    Si parlava tuttavia di pirati di importanza mondiale, molti marine e addirittura cacciatori di taglie avrebbero fatto carte false per appropriarsi della testa di uno dei due capitani.
    La quantità di tesori custoditi da loro si diceva che fosse esorbitante, tanto che ogni pirata nella sua vita sperava di potersene appropriare.
    Che questi tesori fossero reali o meno non era dato sapersi, ma comunque lo spettacolo del Paese dei Fiori era sotto gli occhi di tutti.
    Non era una delle più grandi isole dell'arcipelago, ma le alte cime che sovrastano l'isola le donavano una certa magnificenza.
    Anche la piccola cittadina alla base di quelle montagne aveva un che di armonioso, la stupenda architettura delle case si sposava benissimo con la calma che sembrava aleggiare in quella atmosfera.
    Erano perlopiù case di piccola entità, i palazzi più grandi avevano un paio, massimo tre piani e i tetti erano nel più classico stile orientale, con tegole rosso mattone dall’apice piatto e i culmini curvi.
    Si vedevano dragoni e altre simbologie orientali nelle poche pagode che si stagliavano sull’orizzonte dell’isola.
    All’inizio del paese si ergevano alte torri, ma molto sottili, per ogni piano si poteva scorgere una tettoia e Thomas si mise a contarle, erano di almeno 7 piani e tutte con una superficie minore man mano che si saliva.
    Si poteva scorgere un fiume attraversare il paese e dei ponti di pietra per attraversarlo.
    Ogni colonna del ponte custodiva una piccola lanterna incavata nella roccia, probabilmente venivano accese all’imbrunire della giornata.
    Di notte doveva essere uno spettacolo affascinante.

    Il Sole però era ancora alto, saranno state le tre del pomeriggio e una leggera brezza solleticava la pelle madida di sudore di Thomas.
    Dopo un lauto pasto in uno dei chioschi di takoyaki che sorgevano nella piazza centrale, il giovane pirata decise di trascrivere le sue vicende in una lettera che sarebbe stata spedita poi alla madre.
    Era da tempo che non sentiva sua madre e quest’ultima non era ancora a conoscenza del fatto che avesse abbandonato il proprio lavoro sul peschereccio per intraprendere la via del pirata o comunque dell’avventuriero.
    Perché alla fine più che avventuriero per ora non era nient’altro che un sognatore.
    I suoi sogni di gloria, potere e soldi erano appena cominciati e di avventura purtroppo ne aveva vissuta ancora poca.
    Le sue mani ancora puzzavano dell’olezzo delle viscere di quei pesci che quotidianamente pescava e ripuliva per poi rivenderli nei vari porti in cui attraccavano.
    Ci sarebbe voluto tempo, ne era consapevole, ma ogni volta che si metteva a sognare sulla libertà che tanto agognava quel tanfo lo riportava con i piedi per terra.
    Era una piaga, aveva provato con i saponi, le terme, i bagni pubblici, ma nulla, quello sgradevole odore persisteva.
    Era passato qualche giorno, ma ogni ulteriore giorno non faceva che alimentare la sua ansia che quella puzza potesse persistere per sempre.
    Poi ci pensò, magari con dei guanti sarebbe riuscito a limitare almeno l’area in cui operava quel tanfo e quindi si ripromise di provare anche quella soluzione.
    Iniziò a cercare nella via principale un posto dove avrebbe potuto procurarsene un paio, ma nulla, purtroppo era capitato in un giorno in cui alcuni negozi erano chiusi e dopo una decina di minuti si accorse che era quasi giunto all’altro capo dell’isola.
    Era giunto nella Baia, la famosa Baia dei Pirati.

    Chissà se in quelle acque si erano avvicendate alcune delle famose battaglie che caratterizzavano la quotidianità del Paese dei Fiori.
    Due famose ciurme che si affrontavano giorno e notte, senza tregua, chissà quanti pirati avevano perso la vita in quelle acque e lungo i bagnasciuga di quella spiaggia.
    Arrivò su una piccola spiaggia, vicino all’insediamento del porto e toltosi le scarpe decise di percorrere un piccolo tratto bagnandosi i piedi.
    Dietro di lui si stagliano diversi capannoni e anche altre strutture non meglio definite.
    Probabilmente era li che le ciurme di pirati si rifornivano di palle di cannone e altre risorse utili per le loro scorribande.
    Iniziò anche a porsi il problema se fosse possibile stare li senza incorrere in guai, non che fosse spaventato, ma era partito senza procurarsi armi né nulla e il non aver una spada al suo fianco gli provocava un senso di irrequietezza non indifferente.
    Oltre ai guanti si sarebbe dovuto procurare anche un’arma.
    In effetti era partito senza una meta, senza un adeguato equipaggiamento, solo armato dei suoi sogni.
    Si asciugò i piedi seduto sulla banchina del porto, si tolse sfregando con le mani i piccoli chicchi di sabbia sotto la pianta del piede e poi si rimise le scarpe.
    Il mare era sempre piacevole da osservare, vi rimase qualche minuto in completa contemplazione.
    Poi tirò fuori dal suo zaino carta e penna e appoggiandosi ad una panchina che stava li vicino iniziò a scrivere una lettera.

    “Cara madre, scusa se non sono riuscito a passare.
    Nel giro di pochi giorni ho stravolto la mia vita, ho mollato la vita da pescatore e ho intrapreso la via dell’avventura.
    É vero, mi porto ancora dietro la puzza di pesce, ma avevo bisogno di cambiare.
    Tu e papà fin da piccolo mi avete letto storie di pirati e grandi avventurieri che hanno visto un’opportunità in questo mondo.
    Ecco, io non voglio essere da meno.
    Ora sono nel Pese dei Fiori, ricordi? Era uno dei paesi preferiti di mio padre e mi raccontava sempre di come le due grandi ciurme si affrontassero per la supremazia, di tremende battaglie e dei saccheggi che effettuavano.
    Ora sono nella baia e riesco a vedere enormi navi, non vi è alcun vessillo, ma magari qualcuna di queste appartiene a loro.
    Che emozione!
    Si dice che i tesori siano in grande quantità e che si nascondano su quest’isola.
    Io ci credo, a parte la puzza di pesce riesco quasi a sentire il profumo della gloria che ne risulterebbe se riuscissi a trovarlo.
    Magari è su una di queste cime altissime o magari all’interno di queste montagne, che ci sia un dedalo infinito di cunicoli le cui stanze racchiudono fiumi e fiumi d’oro?
    Sono partito con mille speranze e tanti sogni, il mio bagaglio è quasi vuoto, ma puoi star tranquilla, mi prendo sempre cura di me stesso come mi ha insegnato mio padre.
    Mi manca tanto e anche tu, quando avrò modo cercherò di passare o comunque di mandarti un’altra lettera al più presto.
    Chissà, magari leggerai di me sui giornali quando troverò il tesoro.
    Scrivimi appena ne hai l’opportunità.

    P.S: Se hai consigli sul come togliere questo tanfo dalle mani sono tutto orecchi, è una piaga.


    Thomas Sacrato”




    Stava rileggendo ad alta voce la lettera, era concentrato sulla stesura e non gli importava molto della gente che passava li intorno.
    Si chiedeva come l’avrebbe presa la madre, ma il posto sul peschereccio iniziava a stargli stretto e quando ricevette la promozione e l’opportunità di poter aver una sua nave si rese conto che sarebbe stata più una prigione per i suoi sogni.
    Le ambizioni erano tante e ridursi a far il solito percorso tutti i giorni, nelle solite aree di pesche per tutta la vita gli davano un senso di claustrofobia e costrizione.
    Era pronto per viaggiare, scoprire il mondo e vivere.
    Vivere, una cosa che tutti danno per scontata, ma che non lo è.
    Se ci si rifugia in una vita monotona e senza rischi si può chiamare anche quella vita o sopravvivenza?
    Si alzò da terra e iniziò a guardarsi intorno per capire se ci fosse una buca delle lettere nelle vicinanze.

    Edited by SarcasticNea - 27/2/2024, 00:37
     
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    Questa volta Robert poteva essere soddisfatto della destinazione dove il caso lo aveva condotto. Le strade erano gremite di gente e già dopo aver superato la banchina la zona regalava diversi locali e intrattenimenti. Quando aveva sentito il nome dell'isola che stava raggiungendo si era immaginato un ambiente completamente differente e temeva di aver fatto un altro buco nell'acqua.

    Senza una meta precisa, iniziò ad esplorare il posto. Erano le prime ore del pomeriggio e arrivò con esse la fame e la voglia di mettersi qualcosa sotto i denti. C'erano diverse bancarelle tra cui scegliere. Robert aveva molte scelte, ma attratto da un forte profumo di pesce si fermò in uno yatai che vendeva spiedini di pesce e molluschi vari grigliati. Per accompagnare due spiedini di gambero prese anche una fiaschetta di sake, scelta principalmente per il buffo disegno del volto di un tanuki.

    Era la prima volta che assaggiava quella bevanda, e sottovalutò incautamente il suo grado alcolico. Dopo aver mangiato il primo spiedino tracannò in un solo sorso più della metà del liquido contenuto nella fiaschetta. Con il sole ancora alto nel cielo continuò barcollando la sua esplorazione dell'isola. Senza sapere dove si trovasse, si ritrovò nella baia conosciuta come Baia dei Pirati.

    Su una panchina a poca distanza dal mare vide uno strano individuo sudato dai capelli corvini che stava scrivendo. Robert non prestò particolare attenzione allo scrittore e stava per procedere oltre, ma quando l'uomo attirò la sua attenzione alzandosi e leggendo quanto aveva scritto, decise di avvicinarsi.

    Era una lettera indirizzata alla madre. Robert ancora un po' alticcio trattenne a stento una risata sentendolo parlare del puzzo di pesce e si avvicinò ancora di più per ascoltare meglio e per vedere se riusciva a sentire quell'odore.

    Cominciò a parlare dei suoi ricordi con il padre e dopo aver menzionato i grandi tesori dell'isola riprese a parlare dell'odore di pesce contrapposto al profumo della gloria. Trattenere il riso divenne sempre più difficile e mise una mano davanti alla bocca per non scoppiare a ridere.

    Continuò a fantasticare sui tesori e quando la lettera sembrava giunta alla fine, dopo i saluti, chiese alla madre un consiglio su come togliere il fetore dalle mani. Robert non riuscì più a trattenersi e dopo aver resistito qualche secondo scoppiò in una risata fragorosa.

    Edited by sbisico - 28/2/2024, 22:50
     
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    Si stava alzando da per terra, la panchina che aveva utilizzato come scrivania aveva compiuto perfettamente il suo dovere.
    L'esser stato sotto il sole che era ancora alto nel cielo gli aveva dato un leggero capogiro e si dovette appoggiare alla panchina perchè la vista si era annebbiata di colpo.
    Passarono un paio di secondi al buio, ma le risate nelle vicinanze le sentiva benissimo.
    Si girò subito di scatto per capire da chi provenissero.
    Ancora con la vista un po' annebbiata vide una figura che si stagliava controluce e che ghignava a più non posso.
    Era un ragazzo prestante e per aver un fisico del genere ci si deve essere dedicato molto.
    Si stava alzando da per terra, la panchina che aveva utilizzato come scrivania aveva compiuto perfettamente il suo dovere.
    L'esser stato sotto il sole, che era ancora alto nel cielo, gli aveva dato un leggero capogiro e si dovette appoggiare alla panchina perché la vista si era annebbiata di colpo.
    Probabilmente si era alzato troppo in fretta.
    Passarono un paio di secondi al buio, ma le risate nelle vicinanze le sentiva benissimo.
    Si girò subito di scatto per capire da chi provenissero.
    Ancora con la vista un po' annebbiata vide una figura che si stagliava controluce e che ghignava a più non posso.
    Era un ragazzo prestante e per aver un fisico del genere ci doveva aver dedicato molto tempo.
    La cosa però che lo colpì di più, appena riacquistò la vista, furono i suoi occhi.
    Avevano un color ambra, di una certa profondità, nonostante ora fossero piuttosto serrati per via delle risate.

    Questo ce l'ha con me?

    Continuava a guardarlo, si vedeva da come ciondolava che doveva essere leggermente brillo.
    Anche facilmente deducibile dalla fiaschetta in mano.

    Ok, non sono tanto gli occhi la cosa strana, ma più quella roba. Cos'è? Un tanuki?

    Thomas vedeva quell'individuo ridere guardandolo e ciò gli procurava un forte senso di fastidio.
    Si era dedicato alla lettera e aveva perso completamente la cognizione del tempo e dello spazio.

    Che mi abbia sentito leggere ad alta voce?

    Era un ragazzo genuino, un sognatore come suo padre.
    Nella lettera aveva riposto tutti i suoi sogni di gloria e le sue speranze, aveva parlato di tesori.
    Effettivamente parlarne così ad alta voce doveva essere agli occhi degli altri un gesto abbastanza infantile.

    Ma questo coglione ride per i tesori? NO, aspetta, non dirmi che ride per la questione della puzza di pesce.

    Era una piaga per lui e da solo aveva avuto difficoltà a levarsi quella puzza, ma esternarlo così ad alta voce non era stata sicuramente una cosa saggia.
    Nonostante quello, anche se onestamente si sarebbe messo a ridere anche lui, ma in modo meno sguaiato, aveva bisogno di una risposta da sua madre.
    Non tanto per un rimedio, ma più per dirle che stava bene e che era partito per inseguire il sogno del padre e anche il suo.

    Ormai l’uomo era piegato dalle risate, doveva aver forti dolori addominali ormai, era ormai un minuto che rideva e non sembrava che avesse intenzione di smettere.
    Thomas prese coraggio, anche se probabilmente attaccare briga con un ubriacone non era propriamente nelle sue corde.
    Però poi ci pensò, quella si che era roba da pirati.
    Quindi messo da parte il suo orgoglio, cercò di fare un po’ il gradasso e si schiarì la voce.
    Si tolse la giacca e incurante degli aloni di sudore sulla camicia sfoggiò la sua muscolatura che si vedeva dai pochi bottoni allacciati.
    Posò anche la lettera sulla panchina e poi si avvicinò all’uomo dalla criniera corvino.

    ”Ehi, ma ce l’hai con me stronzo? Sto scrivendo una lettera importante a mia madre, non si può nemmeno aver un momento di pace? Non hai di meglio da fare con quella ridicola fiaschetta?"

    Volevo solo che la smettesse e che se ne andasse.

    Edited by SarcasticNea - 1/3/2024, 00:52
     
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    Robert continuava a sghignazzare senza dare impressione di smettere, lo stato di euforia aveva attenuato i suoi freni inibitori. L'uomo si accorse immediatamente di essere sbeffeggiato, non che Robert si fosse impegnato a nasconderlo, e infastidito lo osservò per qualche momento. Dopo aver schiarito la voce ed aver tolto la giacca, posò la lettera sulla panchina e si avvicinò al giovane provocatore rivolgendosi a lui.

    Non aveva affatto gradito di essere deriso e iniziò la conversazione insultando l'interlocutore e lamentantandosi di non essere stato lasciato in pace. Non aveva gradito neanche l'aspetto della fiaschetta. Di tutto quel discorso, quel commento sembrò l'unica cosa che Robert aveva ascoltato.

    Robert D'Arkness: "Ridicola dici? A me sembra piuttosto carina... Non vedi? Guarda meglio! Non hai visto quanto è grazioso il tanuki?"

    Robert allungò il braccio con cui teneva la fiaschetta per farla vedere meglio, e buona parte del liquore rimanente fuoriuscì finendo proprio sulla lettera riposta sulla panchina rovinandola. Lontano dal mostrare rimorso, scoppiò in una risata fragorosa, divertito dal caos che aveva creato.

    Robert D'Arkness: "O cavolo... Vabbè dai, poco male, adesso hai una scusa per riscriverla evitando tutte quelle fesserie che avevi scritto."

    Edited by sbisico - 14/3/2024, 03:32
     
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    Nonostante Thomas lo avesse trattato in malo modo e fosse evidente che non era una compagnia gradita, l’uomo continuava a deriderlo.
    Da una parte cercava di comprendere il comportamento del ragazzo davanti a sé, ma dall’altra si rendeva conto che, per quanto facesse ridere, il tatto era necessario in tutte le circostanze.
    Si era reso ridicolo, era concentrato sulla stesura e non si era accorto che vi fosse qualcuno intorno a sé, ne era consapevole.
    Però a tutto vi era un limite, non si poteva deridere fino a quel punto una persona.
    Gli ideali, che siano ridicoli o meno, vanno rispettati.
    E anche le difficoltà, appunto la puzza che non riusciva a togliersi di dosso, dovevano essere ascoltate e non commentate o derise.
    É facile giudicare e farsi un’opinione delle persone, ma per quanto riguarda le storie e le sofferenze che vi sono dietro bisogna aver un minimo di empatia.
    Sicuramente il fatto che il ragazzo avesse un tasso alcolemico sicuramente al di sopra della media lo rendeva particolarmente inabile ai rapporti sociali.
    Per quanto Thomas lo avesse insultato chiedendogli spiegazioni sul suo comportamento, l’unica cosa che sembrò cogliere l’altro individuo fu la sua insinuazione sul fatto che la fiaschetta fosse ridicola.
    In fatto estetico era anche un Tanuki apprezzabile, ma era troppo arrabbiato per assecondarlo.

    La goccia che fece traboccare il Tanuki fu quando parte del contenuto della fiaschetta andò a finire esattamente sulla lettera e sulla giacca di Thomas che erano appoggiati sulla panchina.
    Era evidente che non lo avesse fatto apposta, ma nonostante ciò le risate non cessarono.
    Avrebbe anche potuto perdonarlo, il suo stato di ebbrezza lo rendeva particolarmente molesto e i suoi movimenti erano visibilmente ciondolanti.
    Però Thomas si era innervosito ancora di più quando senza neanche scusarsi per la sua sbadataggine, si mise anche a rincarare la dose dicendo di porre rimedio a ciò che aveva scritto.
    La lettera era zuppa e un enorme alone iniziava a spargersi in modo capillare su tutta la lettera e le grinze di umidità iniziarono a formarsi.
    Thomas si affrettò a scuotere la busta per cercare di togliere un po’ del liquido che vi era andato sopra e aperto il contenuto si accorse che ormai alcune lettere erano illeggibili.
    Le lettere sembravano aver un’aura intorno, il nero dell’inchiostro iniziò ad espandersi e non c’era modo di porvi rimedio.
    Thomas strinse tra le mani la lettera, ormai da cestinare e iniziò a guardare visibilmente incazzato colui che l’aveva rovinata irreparabilmente.
    Le nocche iniziavano a farsi bianche per quanto stringeva forte e voleva dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma le emozioni e la sua rabbia glielo impedivano.
    Aprì il palmo della mano in cui teneva la lettera e cercò di imprimere più forza possibile verso il petto, all’altezza del plesso solare dell’uomo con la fiaschetta Tanuki.

    CITAZIONE
    Descrizione dell'attacco:
    Thomas attacca Robert con un colpo al plesso solare con l'intento di togliergli il respiro e farlo desistere dal ridere ancora


    Il suo intento era sbattergli in faccia ciò che aveva fatto, non che potesse servire a qualcosa, ma non gli andava proprio giù che questo ragazzo non gli chiedesse scusa e anzi, continuasse a sbeffeggiarlo.
    Se non lo avesse compreso, anche solo fargli capire che non era il benvenuto sarebbe stato un effetto soddisfacente.

    ”Tu non hai proprio un cazzo da fare che rompere i coglioni a me?”

    Il suo intento non era quello di intavolare una conversazione a suon di botte, ma se si fosse ridotto a quello non si sarebbe di sicuro tirato indietro.
    Ciò che voleva era dar una lezione a quell’ubriacone molesto e se quel colpo andava come aveva in mente, diciamo che ne avrebbe accusato il colpo e vederlo a terra in preda a colpi di tosse sarebbe stata una bella soddisfazione.
    Mentre spingeva l’individuo iniziò a pensare ingenuamente.

    ”Speriamo che non si rompa quella fiaschetta! Per quanto questo mi stia sul cazzo, beh devo ammettere che ne vorrei una anche io.”


    Era appena diventato libero.
    Perché di pirateria e di avventure non aveva ancora vissute, se non aver visto le atmosfere e i luoghi di leggendari pirati.
    Nella sua accezione la libertà era la possibilità di far e sognare tutto ciò che desiderava e non aver più alcun vincolo se non le sue capacità.
    Però il legame con la madre per lui era importante e per quanto non la vedesse da tempo il mandarle e ricevere le sue lettere erano più che sufficienti per farla sentire vicina.
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      SarcasticNea


    Edited by SarcasticNea - 15/3/2024, 21:28
     
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    Essere ebbro impedì a Robert di capire che il suo interlocutore non aveva preso troppo bene il fatto che gli avesse rovinato la lettera e lo avesse deriso fino a quel momento.

    Dopo aver scosso la busta per salvare il salvabile, ma con scarso successo, lo scrittore dal pessimo odore accartocciò il pezzo di carta con forza mentre fissava Robert che era ignaro della rabbia che l'uomo stava covando. Quando aprì la mano lasciando cadere a terra il cartoccio, Robert riprese a parlare per ammonirlo ignorando completamente i vari segnali di una reazione imminente.

    Robert D'Arkness: "Anche se è da buttare non gettarla a terra, qua in giro è pieno di cesti..."

    Non riuscì a concludere la frase che fu colpito con forza al plesso solare con il palmo della mano. Vedendo l'attacco arrivare all'ultimo momento l'unica reazione che Robert riuscì a tentare fu irrigidire gli addominali per attutire il colpo.

    L'impatto fu violento: per qualche istante Robert non riuscì a respirare e non era da escludere che aveva causato danni più gravi, ma l'alcol che aveva in circolo anestetizzò in parte il dolore.

    Ancora senza respiro con un rapido movimento del braccio sinistro afferrò il braccio dell'aggressore per impedirgli di tirarsi indietro. Se l'era cercata, ma quella reazione gli sembrava eccessiva. Con l'altro braccio era pronto a contrattaccare colpendolo in testa con la fiaschetta dalle sembianze di tanuki. Tirò indietro il braccio per caricare il colpo.

    Insieme a fargli smorzare il respiro e a fargli tornare la lucidità quel colpo allo stomaco aveva avuto anche un ulteriore effetto che si palesò solo in quel momento. Una sensazione di malessere iniziò lentamente a diffondersi nel suo stomaco, una senzazione di nausea che saliva lentamente dal petto verso la gola. Ormai non non c'era più niente da fare per evitare l'inevitabile.

    Robert vomitò tutto il contenuto del suo stomaco contro l'uomo che aveva davanti, in una scena disgustosa e imbarazzante.
     
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    Thomas era partito subito all’offensiva, era stanco di sentirlo ridere, ma non pensava di sortire quell’effetto.
    L’obiettivo era solo di fermare quel tedioso ragazzo che si era permesso di offenderlo.
    La lettera ormai era irrecuperabile e mentre il ragazzo lo ammoniva di non gettare la carta per terra, il palmo lo colpiva sul plesso solare.
    Robert reagì tempestivamente e cercò di irrigidire i suoi addominali, ma il colpo fu troppo forte e all’altezza del diaframma, serviva a poco la prontezza di spirito.
    L’impatto contro il suo addome gli provocò subito una dispnea e dei colpi di tosse.

    “Questo deve averlo accusato, ben gli sta!”

    Il ragazzo era piegato dal dolore e nonostante fosse in evidente difficoltà, con un gesto fulmineo afferrò il braccio destro di Thomas.

    “Ma che cazzo… Lasciami!”

    Si stava apprestando a colpirlo con il Tanuki.
    Caricò il colpo, forse voleva colpirlo in testa per tramortirlo, ma si interruppe.
    Il classico gesto dei conati di vomito iniziarono a figurarsi sul volto di Robert.
    Aveva assunto una colorazione olivastra, sintomo che il malessere provocato da quel colpo iniziava a farsi strada dallo stomaco alla gola.
    Il getto di vomito fu copioso.

    Thomas cercò di divincolarsi dalla presa, con una torsione del polso si liberò facilmente.
    Il ragazzo aveva imbrattato tutta la camicia bianca del neo pirata.

    “Hai preso bene la mira eh… stronzo!”


    Robert iniziava a riprendere lucidità, il suo sguardo era meno sperso rispetto a prima e stava tornando la colorazione naturale.
    Aveva perso tutto il suo spirito combattivo, non ne valeva la pena con un ubriacone.
    La priorità ora era quella di liberarsi della camicia.
    Cercando di non toccare il vomito iniziò con le dita a slacciare i bottoni superiori e inarcò la schiena per evitare che la parte davanti e interna della camicia toccasse il petto.
    Poi prendendo i lembi superiori del colletto e allargandoli il più possibile cercò di togliersi dall’alto la camicia.
    La puzza era insopportabile, altro che le sue mani, però in fondo era abituato.
    Sui pescherecci capitava spesso che nelle notti buie e tempestose alcuni pivellini vomitassero l’anima e la puzza nelle latrine era insopportabile.
    Afferrando la camicia con una mano guardò il ragazzo.
    Si reggeva malapena in piedi.
    Thomas aveva esagerato, aveva preso la pazienza, ma il ragazzo lo aveva portato allo stremo.
    Con la mano libera diede una pacca sulla schiena del ragazzo e poi lo superò.
    Mentre si avvicinava all’acqua si rivolse al vomitatore errante.

    “Finiamola qui. Io sono Thomas. Thomas Sacrato. Spero tu stia meglio dopo quel colpo.”

    Si inginocchiò e cercò di immergere la camicia nell’acqua.
    Appena toccò la superficie del mare i pezzi di chimo si staccarono e iniziarono a espandersi a macchia.
    La immerse in punti diversi per evitare che si riattaccassero, ma difficilmente sarebbe riuscito a rimettersela a breve senza un lavaggio accurato.
    Alzando e riabbassando la camicia si rese effettivamente conto che l’alone era ancora evidente.
    Con sé non aveva del sapone, ma probabilmente in qualche bancarella ne avrebbe potuto acquistare un po’.
    Decise di rinunciare a pulirla in modo meticoloso e osservò il sole che si stagliava sopra di lui.
    Fortunatamente il calore della giornata gli permetteva di stare senza camicia e la giacca sarebbe bastata.
     
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    L'uomo addosso a cui aveva vomitato si divincolò dalla sua presa al braccio con una torsione del polso. Robert non fece nulla per impedirlo e aveva già mollato la presa perdendo ogni volontà di vendetta. Una volta libero l'uomo disse qualcosa che Robert non riuscì a capire intendo com'era a riprendere lucidità ma si reggeva malapena in piedi.

    Robert si sentiva debilitato ed esausto, oltre che ancora dolorante per il colpo ricevuto. Iniziava a sentire la gola secca e sentiva il bisogno di bere dell'acqua per idratarsi e ripristinare i liquidi persi a causa del vomito. Thomas, almeno così disse di chiamarsi, nel recarsi verso l'acqua per ripulirsi gli passò accanto e gli diede una pacca sulla schiena.

    Robert D'Arkness: "Sì, va un po' megl..."

    Non riuscì a concludere la frase che un nuovo getto di vomito lo costrinse ad interromperla. Questa volta nessuna camicia fu danneggiata. Dopo una manciata di secondi fece qualche passo di lato per allontanarsi leggeremente dalla chiazza maleodorante a terra. Si sedette sul selciato per riprendersi e lasciar passare la sensazione di nausea.

    Robert D'Arkness: "Va meglio adesso. Ho solo bisogno di qualcosa da bere che non sia questo."

    Guardò la fiaschetta che aveva in mano e la poggiò sul selciato accanto a lui. Non immaginava che fosse così forte, non era un gran bevitore, ma era la prima volta che aveva esagerato in quel modo.

    Robert D'Arkness: "Io sono Robert... D'Arkness. Mi dispiace per la lettera e per la camicia. Spero che almeno questa tu riesca a salvarla."

    Era un po' imbarazzato per il suo comportamento, probabilmente qualche giorno dopo ci avrebbe riso su, ma in quel momento avrebbe voluto nascondersi da qualche parte e farsi una lunga dormita per smaltire la sbornia.
     
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    E tra una lettera strappa lacrime ormai illeggibile, qualche litro di vomito e scambi di convenevoli, l'incontro fortuito tra Thomas e Robert venne bruscamente interrotto da qualcosa di... inaspettato.

    I due vennero prima attirati da un'esplosione, proveniente dalla zona centrale della Baia, da qualche parte nei vicoli vicino al porto.
    Subito dopo videro nitidamente in cielo qualcosa che si avvicinava proprio verso la loro direzione... e che atterrò bruscamente a diversi metri dal duo.
    Era un qualcuno, in realtà... ormai privo di conoscenza e pieno di ferite aperte: un uomo sulla sessantina, vestito con abiti comodi da viaggiatore strappati, tagliati e ustionati in più punti, quindi zuppi di sangue e polvere.
    Pochi capelli in testa, baffi a manubrio e fisico da sollevatore di polemiche.

    Il viso era una maschera di sangue, il corpo martoriato... e nella sua mano destra una chiave di bronzo, grande quanto una spada di piccole dimensioni!
    Nonostante fosse precipitato e avesse perso conoscenza, pareva fosse riuscito a mantenere la presa su quel particolare oggetto.

    Dai vicoli, un gran vociare iniziò a farsi sempre più intenso... qualcuno era in arrivo.
    Che avrebbero fatto i due avventurieri?
     
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