La Rossa e il Verde, Sottotitolo: Veleno

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forevermukka
icon12  view post Posted on 6/10/2005, 11:14




Questa è una fic zonamosa, la prima che ho scritto! SOno graditissimi commenti e consigli, per migliorarmi sempre di più

CAPITOLO PRIMO

Cadde. Cadde sotto quel caldo sole estivo, su quella fine sabbia color oro, lambito dalle pigre onde della bassa marea. Le sentì avvicinarlo, inzupparlo, ritrarsi, in un infinito gioco che solo loro sembravano trovare divertente.
Quante volte era stato atterrato da un nemico? Ma non una, non una!, aveva rinunciato a rialzarsi, grondante sudore e sangue, per finire ciò che aveva cominciato; per finire chi l’aveva sfidato.
“Bastardo, cosa gli hai fatto?” Rufy, questo era Rufy, che parlava da un qualche mondo forse sconosciuto ma in ogni caso lontanissimo. Sì, la domanda era pertinente: cosa gli avevano fatto? Non perdeva sangue, non aveva neppure avuto l’occasione di attaccare. Solo una goccia di linfa scivolò dal collo, là dove il proiettile di cerbottana lo aveva colpito, causando un minuscolo foro.
“Questo era solo un avvertimento, ragazzo di gomma!”
L’uomo pesce ringhiò, divertito. Lo avevano sfidato per… per…? Non ricordava.
Zoro si portò una mano alla fronte, confuso, mentre una nuova onda lo bagnava senza pietà. Forse era il caldo… i suoi sensi andavano offuscandosi, così come il cinico raziocinio che sempre aveva guidato pensieri ed azioni dell’uomo. Giaceva lì, semplicemente, faticando a ricordare il proprio nome.
E a soffrire il caldo. Era davvero terribile, quel sole, gli sembrava di essere in una fucina infernale, e ora i giochi d’acqua delle onde altro non erano che piacevole rinfresco; avrebbe voluto alzarsi, e tuffarsi per intero in quelle cristalline acque, ma non vi era un solo muscolo nel corpo che obbedisse alla sua volontà.
“Rufy, credo sia veleno.” Quella mano che gli aveva sfiorato delicatamente una guancia era fresca come la primavera, morbida come una pesca; un dolce refrigerio, che tentò di catturare tra le proprie dita, prima di accorgersi di aver perso ogni sensibilità alle mani. Ma cosa…?
“Brava ragazza, perspicace! E’ veleno, e l’antidoto è troppo lontano da lui, perché possiate sperare di salvarlo!” Una risata stridente riecheggiò nella mente confusa del pirata, oltremodo deluso perché quella gentile mano aveva smesso di tastare la sua pelle, allontanandosi senza rimorso.
“Io ti ammazzo!”
Rumori vaghi, passi di furiosi guerrieri che si allontanavano, inseguendo la sardonica preda.
“Sanji, Rufy… Non lo seguite! Potrebbe essere… Oh, che mi sgolo a fare?”
“Fammi vedere, Nami!” Ora era qualcosa di peloso che lo tastava, che cercava nel suo collo… avvertì una leggere punta di fastidio, mentre la piccola punta intrisa di veleno veniva estratta. “Dovrei analizzarlo, ma gli strumenti sono sulla nave…”
“Ti accompagno io.” Il familiare suono della loro piccola scialuppa trascinata sulla sabbia distorse le labbra di Zoro in un affaticato sorriso; quante avventure, quante a risate…
“Grazie Robin. Dobbiamo fare in fretta!”
“E io?”
“Tu stai con lui, Nami. Torno subito. Spero.”
Ed ecco la piccola barchetta che riprendeva il mare, le gentili onde che ne accarezzavano i legnosi fianchi, e due remi che affondavano nelle acque, cercando di guadagnare velocità. Avrebbe voluto essere lì sopra, e non in quel caldo infernale.

Nami scosse il capo, non sapendo se essere più preoccupata o arrabbiata con colui che giaceva miseramente innanzi a lei.
Zoro era una testa dura, cuore orgoglioso che muoveva un potente corpo, ma questa volta aveva proprio fatto i conti senza il proverbiale oste.
Appena si erano ritrovati davanti quel putrido e viscido uomo pesce, con il quale aveva in sospeso chissà quali questioni che la fanciulla aveva da subito rinunciato a capire, gli si era fiondato addosso, spade sguainate e urlo disumano; una creatura pronta ad uccidere che… che era stata fermata da uno stupido ago lanciato attraverso una cerbottana.
“Lo sai che sei proprio scemo?” In attesa del ritorno di Chopper, o di magari di quei due idioti che invece che soccorrere l’amico lo avevano abbandonato nel nome della vendetta, gli si sedette accanto, per nulla infastidita dal movimento del mare che ora bagnò anche le sue gambe. “Zoro?”
Già prima aveva allungato un braccio, poggiando la mano su quella pelle calda come una brace; qualunque cosa fosse, stava agendo in fretta. Forse troppo.
Era sempre stato così forte, così invincibile… lo aveva sempre visto proseguire una lotta, senza battere ciglio per le ferite ricevute; era sempre pronto a lanciarsi sul nemico, e molto spesso lo aveva fatto per salvare proprio lei.
Di nuovo la mano della fanciulla si mosse, indipendente da ogni razionalità: vederlo a terra, morente (perché sì, stava morendo, e questo l’avrebbe capito anche un imbecille), aveva mosso qualcosa dentro di lei, qualcosa che non seppe bene definire. Gli si avvicinò ulteriormente, ora seduta così vicino da poter avvertire l’irregolare movimento del torace, segno di una respirazione non proprio tranquilla.
Chopper, fa’ in fretta, ti prego.

Di nuovo la mano era tornata su di lui, acqua nella gola dell’assetato, questa volta non più per un parere medico, ma per una semplice e incoraggiante carezza.
Nella confusione sensitiva e mentale, non poté fare a meno di avvertire quella misteriosa creatura farsi ancora più vicino al suo corpo, che avvertiva solo a tratti; la percepì mentre gli si sedeva così accanto, da non poter evitare contatto tra le due pelli.
D’istinto, ma con uno sforzo che gli parve quasi impossibile da sopportare, cinse quella sottile vita con un braccio, assaporando il fragrante profumo che lo pervase.
Se quello era un angelo, e questa la morte, poteva sopportarla.

“Ma che fai?” Sbottò, non del tutto certa che lui la potesse udire; d’improvviso, senza destarsi da quel sonno malato, lui l’aveva stretta con un braccio, portandosela ancora più vicina, costringendola quasi a chinarsi sul suo volto.
Provò a ribellarsi, ma quei muscoli così scolpiti in lunghe giornate di allenamento si contrassero, irrigidendo la presa. Comprese subito di non avere speranza contro la sua forza, anche se dimezzata dal guaio in cui si era cacciato, e quindi si rilassò, pur non avendo la minima intenzione di approvare o godere di quella costretta vicinanza.
Non appena smise di opporsi, anche lui cessò di schiacciarla, e un sorriso di nuovo increspo le sottili labbra cotte dal sole. Di nuovo Nami tentò di sfuggirgli, e di nuovo il suo arto si trasformò in una indistruttibile catena.
“Ho capito, va bene. Sto qui.” Ma lui non rispose.

Gli sembrava quasi di aleggiare nell’etere, sospinto da soffici nubi color notte, attaccato da mille spilli che, in stormo, lo punzecchiavano senza sosta; unico contatto con sé stesso, con la realtà, era la presenza di quelle carni accanto a lui, quelle carni che a volte tentavano di scivolare dalla sua presa, e che quindi era costretto a stringere, quasi con disperazione.
Poi, tutto mutò; avvertì di nuovo delle zampe pelose che armeggiavano con il suo braccio, e quindi nulla più.

Edited by NicoDevil - 6/10/2005, 12:17
 
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forevermukka
view post Posted on 6/10/2005, 14:49




CAPITOLO SECONDO
“Si è svegliato!” Rufy e Usop si abbracciarono, felici. Ai suoi occhi erano solo due ombre sfocate che emettevano striduli versi, eppure seppe riconoscerli senza alcuna difficoltà. Due amici, due compagni.
L’unica questione da risolvere era cosa ci facesse lui in un letto, accerchiato da tutta la banda, Chopper evidentemente soddisfatto, Sanji incurante come al solito, Robin e Nami in disparte.
Nami.
Per un attimo, mentre affondava rapidamente in quel vortice di melassa dove il veleno lo aveva trascinato, aveva temuto di morire; di non poter più combattere, di non poter più sentire il salino sulla propria pelle. E di non poterla più rivedere.
Certo, anche le immagini degli altri erano comparse nella sua già quasi delirante mente… perfino il cuoco da strapazzo; ma era quella di Nami, di Nami che sorrideva, di Nami che lo insultava, era proprio quella ad averlo colpito con maggior durezza, spingendolo a lottare ancora di più con la morte.
Si tirò su a fatica, borbottando qualcosa che sembrava una richiesta di spiegazioni.
Furono solerti nell’accontentarlo.
“Quel bastardo ti ha sparato un ago con del veleno.” Sanji fumava distrattamente la sua solita sigaretta, con quella presa che era tipica di lui. “Così gli siamo corsi dietro.”
“Lo avete preso?” Si portò una mano al collo, tastando il minuscolo segno lasciato dall’arma di quel vigliacco.
“No, si è tuffato in mare.”
“E io l’ho seguito!” Rufy agitò le braccia con fare di sfida.
“… Quindi puoi immaginare quanto io sia stato distratto a salvare quest’idiota che annegava!”
Zoro nascose un sorriso; immaginava alla perfezione Rufy stile kamikaze che saltava felice da un dirupo, incosciente come al solito… e che finiva con l’annegare miseramente, se non fosse stato per l’intervento di Sanji. Molto divertente, sì, ma intanto quel maledetto ne aveva approfittato per scappare, facendoli fessi tutti.
“Io sono corso sulla nave, con l’aiuto di Robin, per analizzare il veleno e creare un antidoto.” Chopper tirò su con l’umido nasino da renna. “Abbiamo davvero creduto che morissi!”
“Ci vuole altro per ammazzarmi.” Spiegò semplicemente, quindi volse il capo al soffitto. Kilot, quel lurido uomo pesce, gli era sfuggito di nuovo. Erano anni che aveva un brutto conto in sospeso con lui, ma ogni volta riusciva sempre a sgusciare via dalle sue lame, peggio di un’anguilla!
Però non era mai andato così vicino ad ammazzarlo. I suoi amici si erano schierati al suo fianco, salvandolo… ma il conto non era ancora chiuso. Avrebbe trovato personalmente quello schifoso, e l’avrebbe triturato con le proprie mani.
“Lasciamolo dormire; sarà stanco…”
Uno ad uno, i componenti lasciarono la stanza; Nami, ultima per caso o per scelta, si chinò sulle candele che illuminavano l’ambiente, soffiandoci leggermente per spegnerle.
“Sanji e Rufy inseguono il cattivo, Robin e Chopper cercano l’antidoto… stranamente, l’unica ad essere risultata una volta in più inutile è proprio la mocciosa navigatrice eh?”
Le parole erano arrivate taglienti, sardoniche. Lei s’irrigidì appena, mentre il ricordo di un braccio attorno alla sua vita aumentava oltre misura il suo ritmo cardiaco.
“Ringrazia il cielo che sei ancora convalescente, spadaccino.” Borbottò, quindi, senza badare al suo sorriso divertito, spense anche l’ultima candela, lasciandolo solo ed al buio.

Dopo un paio di giorni, Chopper gli permise di alzarsi; e lo fece. Cautamente, misurando ogni passo, ma lo fece immediatamente, incurante che fosse di nuovo notte.
Arrancò nel corridoio, una mano che a volte scattava verso il muro, in cerca di sostegno, e finalmente raggiunse il ponte. Con sollievo, inspirò a pieni polmoni la fresca aria, profumata di oscurità e di mare, che generosamente gli carezzò il volto.
La Going Merry filava sull’acqua, lama di rasoio su superficie piatta, civettuola nella sfumatura di mistero che la luce lunare sapeva donarle; la testa di Zoro ronzò: aveva rischiato di morire, di non assistere più ad un simile spettacolo.
E che spettacolo…
Non si era accorta della sua presenza; appoggiata al parapetto, gli occhi sognanti rivolti al cielo. Anche lei sapeva apprezzare il totale silenzio di una notte sul mare, facendosi cullare dall’apparentemente nulla attorno a loro. In realtà, sotto quella barca, tra le profondità di quelle misteriose acque, si celava un universo che nessun umano sarebbe mai stato in grado di comprendere appieno. Ed era questo il segreto del fascino.
Silenzioso come un’ombra, strisciò accanto a lei.
“Sempre a fare nulla?” Ghignò, divertito dal suo sobbalzo sorpreso.
“Ah, di nuovo in piedi?” Ribatté lei, riacquistando compostezza e fissandolo freddamente. “Questa volta ci sei andato vicino.”
“Sì, questa volta sì.”
Rimasero un poco in silenzio, nuovamente rapiti dalle meraviglie di ciò che lo circondava; ad un certo punto, improvvisamente, lei avvertì il suo braccio che la cingeva nuovamente, così come quando aveva sfiorato la morte.
“Ehi pezzo di scemo cosa…?” Ma non si ribellò, lasciandosi rapire dal suo calore; e anche se avesse provato ad andarsene, sapeva che non glielo avrebbe permesso.
L’avvicinò ancora, costringendola a posargli la fulva chioma sul grande e scolpito petto.
“Eri tu.” Sussurrò, sorpreso. Anche se era già consapevole di quella verità, si era lasciato sorprendere. “Eri tu, che mi stavi accanto…”
“Ma di cosa parli?”
“Se c’è qualcosa che mi ha impedito di morire, che mi ha tenuto di qua… beh, era il tuo profumo, e il tuo corpo.”
“Zoro…”
Ma non vi furono altre parole, solo un urlo terrorizzato, perché lui aveva perso i sensi, cadendo ai suoi piedi, forse morto.
 
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forevermukka
view post Posted on 24/10/2005, 16:07




CAPITOLO TERZO

Era sinceramente stufo di svegliarsi in quel letto, e per di più di farlo sotto gli sguardi terrorizzati dei compagni di viaggio.
“E allora?” Sbottò sfogando il cattivo umore; tutto ciò che ricordava era Nami, Nami appoggiata a lui, e la notte attorno a loro. Ma doveva evidentemente essere accaduto qualcosa nel frattempo, dato che era di nuovo stato trascinato in infermeria.
“Diglielo, Chopper.” Mormorò Robin, con voce atona. Solo allora si rese conto che nessuno osava guardarlo dritto negli occhi; perfino Rufy sembrava aver perduto il suo solito smalto, e ora sedeva mestamente su di una sedia, fissando il vuoto.
Neanche dovessero andare ad un funerale; e a Zoro venne in mente che il funerale poteva essere il suo.
“Il… il veleno…” Azzardò Chopper, cercando aiuto e coraggio negli altri. “Ecco, è una versione più resistente di quello che conoscevo. A un primo esame può sembrare uguale, ma…”
“Cosa significa, più resistente?” Aveva smesso di fissare gli altri, la pena nei loro occhi non faceva altro che infastidirlo; e soprattutto l’evidente dolore che stringeva Nami, appoggiata il più lontano possibile da lui, quasi cercando nella distanza fisica un compenso per quell’improvvisa vicinanza sentimentale che avevano raggiunto.
“Significa che… insomma, non c’è modo per scacciarlo da tuo corpo; l’antidoto può aiutarti, riportarti in forze, anche se per poco… e non funzionerà ancora a lungo.”
Il silenzio calò nella stanza, mentre una lacrima scivolava dall’occhio nero della renna, sparendo nella sua morbida pelliccia.
“In una parola, sono un morto che cammina.” Mormorò, sorpreso dal fatto che quella considerazione non lo colpisse affatto; ciò che gli permetteva di intravedere la gravità di tutto, era solo il volto contratto di Nami, e quasi sperò che gli altri se ne andassero, lasciandoli soli… per un’ultima volta.
“Andremo da quel bastardo.” Rufy sollevò il capo, fissandolo con uno sguardo pieno di sincera lealtà. “Andremo da lui, e ci faremo dare quel maledetto antidoto!”
“E chi ti dice che ce l’abbia?” Robin scosse il capo; non era mai stata eccessivamente pessimista, ma anche lei sapeva vedere una strada senza via d’uscita.
“Maneggia con troppa sicurezza quegli aghi avvelenati per non possederlo.” Ipotizzò Sanji, spiando da un oblò l’intero firmamento sopra le loro teste. “Il guaio sta nel trovarlo.”
“Siamo nei pressi dell’isola di Folia. E’ un covo di pirati, forse se domandiamo, qualcuno saprà qualcosa del nostro amico.” Nami parlò spensierata, grattandosi l’incavo del polso destro; dopo così tanto tempo passato ad osservarla, ad osservarla ovviamente sempre in gran segreto, sapeva che questo era l’unico gesto con cui lei sfogava lo stress.
“Direi che è l’unica possibilità che abbiamo.” Chopper preparò abbondanti dosi di un quasi inutile antidoto, prevedendo che nei giorni e settimane a seguire ne sarebbe stato fatto largo uso.
Uno ad uno, chi mollandogli una pacca sulla spalla, chi un semplice sguardo d’incoraggiamento, uscirono tutti, ad eccezione di Nami e del peloso dottore; e dello spadaccino, com’è ovvio.
Lei rimase un po’ sulla porta, forse divisa da due sé stesse non meglio definite, quindi si avvicinò lentamente al letto, seguita passo a passo dal suo sguardo, stanco ma profondo quanto l’oceano.
Azzardò una sottospecie di sorriso, prese una sedia, la posizionò con lo schienale verso il letto, e vi si mise a cavalcioni. Appoggiò il sottile mento sul bordo dello schienale, mentre una mano, timidamente, scendeva a stringere le sue.
Fu grato di quella vicinanza; per la prima volta nella sua vita, aveva paura che se avesse chiuso gli occhi non li avrebbe più riaperti.





CAPITOLO QUARTO
“No! No, maledetto testone!” Sarà anche stato debole, ma pur sempre più forte di lei: puntellarsi contro il suo petto era perfettamente inutile, dato che riuscì ad alzarsi tranquillamente; e con una smorfia da gran furbone.
“In effetti, Chopper ti ha raccomandato il riposo.” Fu Sanji a ripetere quella diagnosi, dato che gli occhi di fuoco del pirata – e le sue mani già vicine alle else delle spade – erano tutto tranne che rassicuranti: la piccola renna era raggomitolata dietro Usop, ed evitava gli occhi di Zoro. Che colpa ne aveva l’animaletto, se si era trovato un ammalato così letale e ribelle?
“Non lo sto facendo per capriccio” aveva ben tre dosi di antidoto in corpo, che gli avrebbero dovuto garantire un’autonomia sufficiente a fare il giro dell’isola; che ironia: si era ridotto a una pila dalla portata limitata. Ci sarebbe stato chi avrebbe pagato anche per questo, e lo avrebbe fatto col sangue. “però sono l’unico a conoscere i volti della ciurma di quel bastardo, quindi…”
“Ha ragione, la sua presenza è indispensabile.” Convenne Robin, come sempre seduta a gambe accavallate, il volto appoggiato sul palmo della mano e gli occhi che apparentemente guardavano nel nulla.
“Se si muove il veleno agirà più in fretta!” Nami scosse il capo, esasperata: in quel momento, lì dentro si sentiva l’unica dotata di ragione; sensazione che in effetti era familiare.
“Ma se non mi muovo, non li troveremo, e non troveremo nemmeno l’antidoto!”
“Prendi almeno questa, allora!” Ecco. Ecco che di nuovo gli porgeva quella maledetta stampella, e al pirata per poco non poco sfuggì una poco gradevole risposta, come ad esempio un chiaro invito a mettersela chissà dove.
“Piuttosto che girare con quella terza gamba di legno, mi sparo.”
“Ti sparerei io, idiota!”
“Che bello, si sbarca? Cibo aspettami!” Se non fosse stato di gomma, spesso Rufy avrebbe rischiato di spaccarsi la bocca, con quel sorriso che letteralmente partiva da un orecchio e arrivava all’altro. Imboccò di corsa l’uscita della cabina, precipitandosi verso la nuova meta.
“Ma quale cibo, stiamo cercando l’antid…” Ma niente, quello doveva già essere a un miglio di distanza, in una taverna e magari già alla seconda portata. La faccia di Nami cadde con uno schiocco sulla sua mano, e dovette ricorrere a parecchi esercizi zen per mantenere una rabbia al di sotto della soglia omicida. “Perché, perché tutti a me?”
Ma nessuno sembrava interessato alla sua disperazione: uno dopo l’altro, i pirati uscirono; l’ultima a sparire nella soglia fu la grande schiena di Zoro, apparentemente così forte, ma in realtà ad un passo dalla morte.
Una mano gentile le cinse il fianco, spingendola ad uscire: Robin, archeologa ma a parer comune anche valente analista in incognito, le sorrise incoraggiante, come al solito l’unica che sapeva leggere nelle vorticose tenebre di ogni animo. Diversamente dalla routine, Nami si lasciò quasi rassicurare dal contatto dell’amica, e seguì i corsari fuori, sotto il sole, guardando con non poca preoccupazione l’isola di corsari che li attendeva.
Lì Zoro avrebbe potuto trovare la salvezza; oppure, se avesse agito dal solito imbecille qual era, una lunga e sofferta morte. Chissà perché, ma i sensi di Nami davano vincenti la seconda possibilità.
“Suppongo sia meglio dividersi.” Concluse, dopo aver a occhio e croce calcolato quale fosse l’estensione del centro abitato. “Io vado con Robin, Usop con Chopper e Zoro con Sanji.” Ecco, l’ultima accoppiata non era forse delle migliori, ma il malato doveva avere la copertura di un buon combattente, ed essendo Rufy sparito – presumibilmente nella solita taverna già al dolce – bisognava accontentarsi di quel che passava il convento.
“Cerchiamo uomini pesce: di solito girano in grandi ciurme, ed è possibile che se ne incrociate qualcuno qui sia proprio un sottoposto di chi vogliamo trovare.” Nami tacque un attimo, in attesa che le informazioni venissero elaborate. “E soprattutto: non fate nomi. Non vogliamo certo che il coniglietto ci sfugga, no?”
“Sì, mio tenero fiorellino di campo appena sbocciato in primavera.” O era la sua immaginazione, o i deliranti complimenti di Sanji oggi erano grammaticalmente più elaborati.
“E tu, non far stancare Zoro.” Lo ammonì.
“Stancare? Questa mezza calzetta? Lo tratterrò con la bambagia, portandolo in braccio, se è tuo desiderio…” Sigh, ecco gli occhi a cuoricino. La predisposizione per le donne del cuoco era utilissima, per rigirarlo a proprio piacere, anche se a volte sembrava veramente un tonto senza rimedio. Meno male che, quando serviva, erano i suoi calci a parlare per lui.
“Non intendevo non farlo stancare in quel senso, ma…”
“Mezza calzetta a me? Brutto cuoco da strapazzo!”
“Spadaccino della domenica, vuoi la sfida ufficiale?”
“Fatti sotto!”
“Ecco: appunto questo dicevo. Non duellate inutilmente!”
Troppo tardi: si stavano già azzuffando come gatti rabbiosi, e Usop e Chopper avevano messo su il solito giro di scommesse sul vincitore.
“Io posso anche cavarmela da sola.” Spiegò Robin, puntando un paio di berry su Zoro (essendo malato, era dato per quattro a uno: mica male!). “Direi sia meglio che tu vada con quei due, se non altro per separarli.”
Nami annuì. Poi, con gran delusione di coloro che tenevano il banco scommesse, li prese entrambi per le orecchie, dividendoli, e li trascinò verso lo sbarco.
Sarebbe stata una lunga, lunghissima giornata.
 
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ValyChan
view post Posted on 18/1/2006, 15:13




ragazzi ma si può commentare? non vedo commenti nelle altre fict... ^^''
se non si può, cancello subio il mex! tongue.gif
lilith....la tua fict è anche su efp, vero??? continuala ti preeeeego!!! l'hai scritta benissimo ed è bellissima...
io a commenti sono corta, non riesco mai a esprimermi al meglio tongue.gif al massimo aggiungo un "molto" prima di "bella" XD
 
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3 replies since 6/10/2005, 11:14   137 views
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